sorsi e risorsi della storia
 
Andando di bettola in bettola, nelle enoteche e nei ristoranti, con gli amici e con persone care, stappare una bottiglia è un'emozione. Cerchiamo in questa beva un piacere
che è fatto di conoscenza, di tradizioni, di amore, di persone. Di storia. Di storie. Che ci parlano e ci raccontano. Noi cultori appassionati di questa ricca e variopinta umanità, ascoltiamo.
Favole e novelle che, nell'atto magico del bere nascono nel cuore.
 
 
 
CALVADOS
Père MAGLOIRE
Fine Calvados
A.O.C. 40°

Il vento che viene dal mare, impetuoso, tra le fronde di un fitto meleto. L'erba mormora dolci parole.
Profuma della buccia dei frutti abbondanti. Un ragazzino, estasiato, sogna altri mondi...

Nato all'inizio dell'inverno, alla fine del successivo era già nella Collettività. Allevato con grande cura ed attenzione: il suo corredo cromosomico era dei più promettenti. I genitori, entrambi Mc di primo grado, avevano seguito il medesimo percorso. Già alla fine del secondo millennio, era stata scoperta l'esistenza delle cellule a specchi, le mirror cells. Per ogni azione che si compie si attivano dei neuroni nella corteccia parietale inferiore. In colui che osserva accade esattamente la stessa cosa, si attivano i medesime neuroni. La scoperta destò molto scalpore in vari ambiti: pedagogico, psicologico, medico... In gran segreto anche i militari studiarono nei loro laboratori le potenzialità offerte da questa scoperta, specialmente per l'impiego nelle azioni di intelligence. Arrivarono all'impiego della neurochirurgia ed a un particolare addestramento atto a sviluppare queste facoltà. Anche per lui, dopo un addestramento faticoso ed impegnativo, interventi di chirurgia intracranica ed innumerevoli simulazioni, era giunto il momento del lavoro sul campo.

Nel corso degli anni si era distinto per la sua capacità di intuizione del comportamento umano dei personaggi che incontrava: un semplice sguardo e leggeva le intenzioni sul viso di chiunque. Venne anche per lui il momento del ritiro, un ultima missione. Avrebbe dovuto riconoscere il terrorista preposto ad un atto di sabotaggio. Si imbarcò sull'astronave ed entrò nella sua tana per il letargo del viaggio. I passeggeri vennero svegliati al loro ingresso nella nuova atmosfera. Andò al salone comune, ogni volta il risveglio era sgradevole e doloroso. Al suo fianco una giovane sorseggiava da un largo calice un liquido ambrato. Percepì l'aroma del liquido e ne scelse uno uguale. La giovane si avvicinò e sorrise. Ancora stordito, rispose al sorriso ed assaggiò il liquido. Caspita! Che profumo! Ma... Gli ricordava qualcosa... Filari di alberi, e cieli pieni di spumeggianti nuvole veloci e grandi prati di verde smeraldino. Anche il salmastro. Ne bevve ancora ed i ricordi si schiarirono. E lo avvolsero...

Lo spazioporto sembrò sollevarsi di qualche metro: l'esplosione era stata terrificante...

 
 
 
 
 

Ho pianto.

Ho pianto tanto.

L'uva esiste e l'uomo esiste: il loro incontro inevitabile. E fu la nascita di un rapporto profondo e duraturo.

Piango ancora. Penso a queste terre aspre, a queste altitudini inospitali che agli dei ci avvicinano. Ed è proprio qui che ci fu l'incontro magico, è qui che l'uomo inizia il suo dialogo col divino. Tutta la civiltà di qui verrà: la filosofia, l'arte, la letteratura, l'estetica. Bevo questo vino che ha già dissetato Gilgamesh quattromila anni fa. Questo il vino della vigna di Noé dopo il diluvio.

Il suo è il colore dell'oro antico, molto antico. Del mare turbinoso di una sabbiosa caletta è la sua trasparenza.  Con desiderio avvicino il bicchiere. Sento l'amico alcool che invoglia e solletica. Un tappeto di mandorle, sparsi fiori di fragola occhieggiano. Il cielo è sereno, opulenti nuvole bianche splendono. Il vento cauto ci porta l'odore delle vicine nevi. Con rispetto lo assaggio.

Il miele, quello che nutriva gli dei, arrotonda l'asprigno di gemme di antiche conifere. E' all'alba che intuiamo il colore del tramonto, un abbraccio che sento come dovuto.

Ora conosco l'ambrosia.
 
 
 
L'ambrosie

J'ai pleuré.
J'ai pleuré beaucoup. Alternative-autre rythme: J’ai tant pleuré
Le raisin existe et l'homme existe: leur  rencontre est inévitable. Et c'est ainsi qu'un rapport profond et durable est né.
Je pleure encore/ toujours? (encore = à nouveau, toujours= pas arrêté).
Je pense à ces terres dures, à ces altitudes inhospitalières qui nous rapprochent des dieux.

Et c'est juste ici que la rencontre magique s'est passée , c'est ici que l'homme commence son dialogue avec le divin et de là provient toute la civilisation: la philosophie, l'art, la littérature, l'esthétique.

Je bois ce vin qui a déjà desalteré Gilgamesh il y a quatremille ans. C'est le vin du vignoble de Noé après le déluge. Sa couleur est celle de l'or ancien, trés ancien. Sa transparence est celle de la mer tourbillonante d'une petite baie sableuse.

Avec désir j'approche le verre. Je sens mon ami l'alcool que je désire et qui m'exite. Un tapis d'amandes, (?)(où?)  ça et là des fleures des fraises pointent. Le ciel est serein, d'opulents nuages blancs resplendissent. Le vent légér nous apporte l'odeur des neiges proches.

Respecteusement je le goûte/ savoure?. Le miel qui nourrissait les dieux adoucit le gout aigre des  bougeons d'anciennes conifères. C'est a l'aube qu'on a l'intuition de la chàleur du coucher du soleil, un embrassement qui pour moi est dù.

Je connais (reconnaît?) l'ambroisie.

 
 
Ambrosia 

Ich habe geweint. Sehr geweint. 

Es  existiert der Wein ( die Traube?) und es existiert der Mensch; ihre Begegnung ist unvermeidlich.
Und so entstand eine tiefe und dauerhaftes Bindung.
Ich weine noch immer (aifs Neue?).
Ich denke an jene harte Erde, an diese unwirtlichen Hö
hen, die uns den Göttern näher bringen.
Hier ist der Ort der magischen Begegnung, hier beginnt der Mensch seinen Dialog mit dem Göttlichen, von hier geht alle Zivilisation aus : Philosophie, Kunst, Literatur, Ästhetik.
Ich trinke den Wein , der schon Gilgamesch vor vier Tausend Jahren erfrischt hat. Es ist der Wein Noahs nach der Sintflut. Seine Farbe ist die alten Goldes, sehr alten Goldes. Seine Transparenz die
des wirbelnden Meeres in einer sandigen Bucht.
Ich fü hre das Glas mit ( starkem) Verlangen näher. Ich nehme den Geruch meines Freundes Alkohol wahr, nachdem mich verlangt, der mich erregt. Mandelteppich – hier und da Erdbeerblüten. Ein heiterer Himmel, an dem satte, weiße Wolken aufleuchten. Leichter Wind, der  den Geruch des nahen Schnees zu uns trägt.
Mit Respekt koste/ genieße ? ich den Wein. Der Honig, der die Götter nährte, mildert den herben  Geschmach der Sprößlinge alter Nadelhölzer/ Koniferen. Beim Morgengrauen erahnt man die Wärme des Sonnenuntergangs. Eine Umarmung, mir geschuldet ?mir bestimmt ?


Ich erlebe Ambrosia.
 
 
 
 
RUSSO PIETRASCA

Vermentino di Toscana
I. G. T. 2004
Una nuvola all'alba, sopra alla spiaggia. Mielato, petalo giallo controsole.
Truciolat faggiesco, caramellina, sassi caldi come il pane. Resina pinica, ambrosia e
volo di Icaro.
 
Ormai è notte. Sdraiato guardo la luna. Splendente sorge. Certo è il viso della mia amata che mi guarda sorridente.
Nasce in me quasi un senso di mestizia e rimpianto. Si dissolve in me a questa immensa luce la svagatezza e la banalità. Questo notturno silenzio mi parla al più profondo dell'anima. Necessario si fa il bisogno di ritrovarsi nell'intimità.
Accomodarsi nel profondo caos che vi abita. Ricordare. Atto d'amore, sorgente di futuro. Brindo a questo rimuoversi magico e misterioso. Saluto e riverisco l'astro nascente.

 
 
 
CESANESE

del Pigli Cantina Sociale Casanese del Piglio (FR).
Denominazione di Origine Controllata VQPRD
Etichetta Rossa
2006, 12,5°
Cupo nero con circoletto trasparente. Di uva e di botte mantiene il ricordo. In cantina scorre e corre come la ruota di un mulino. Ingurgitandolo un piccolo poco ci amareggia la gola. Ci manca il pecorino romano. Su di un piatto di spaghetti cacio e pepe.


Si svegliò di soprassalto: aveva sentito un tonfo tremendo. Ladri , pensò. E i cani? E il feroce pappagallo, forse dormiva più profondamente di lui? Si alzò e chiamò l' Osvalda. Nel letto non c'era. Anche lei aveva sentito i ladri? Infilò le ciabatte africane. Sentì una fitta alla schiena, il solito dolore! Accese la luce e lentamente arrivò alla porta. Vide che dalla porta del bagno proveniva un chiarore.  Ah, era in bagno la signora.
Tornò tranquillizzato a letto.

Ma quel frastuono?  Si rialzò ed andò al bagno. - Osvalda!- Lei giaceva sul pavimento, le gambe aggrovigliate curiosamente, del sangue sulla fronte. Si era addormentata? Si piegò su di lei e cercò di rigirarla..  Altra fitta alla schiena. Sembrava viva. Schiaffetti al viso e straccetto bagnato sulla fronte: lo aveva visto fare al pronto soccorso. Lei aprì gli occhi, lanciò uno stridulo grido. Beh, era viva, molto viva, il più era fatto. I soccorsi furono rapidi. Una ragazza gli disse che certamente un femore era partito, l'altro, forse no. Fu operata dopo qualche giorno. Gli dissero che data l'età e lo stato generale di salute, le possibilità di una ripresa erano pressoché nulle. Sarebbe rimasta inferma. Fu dimessa dopo qualche giorno, sembrava un relitto. Con grande sorpresa Poldo vide che lei si riprendeva velocemente. Le era venuto un appetito vorace. Era rosea e riusciva anche a farsi capire, eccome! Purtroppo, con la sua prognosi infausta e tutto il resto, nessuno aveva pensato alla sua dentiera. Gliela avevano tolta al momento dell'intervento e chissà dove era finita. Bisognava recuperarla. Tornò fiducioso all'ospedale. Raccontò della Osvalda e della sua dentiera smarrita. Nessuno ricordava ne l'una ne l'altra. Per risollevarlo dalla sua delusione gli presentarono uno scatolone pieno di protesi dentarie dimenticate o ritrovate. Di buona lena ci si mise a frugare di buona lena. Fu attirato da una dentiera che sembrava brillasse. La afferrò, la guardò con attenzione... Era bellissima, accipicchia, sembrava proprio di avorio! Un pezzo raro e di valore. Splendente. Rapidamente si tolse i suoi denti e provò quelli nuovi, beh, nuovini. Perfetti! Oddio, che meraviglia! Si guardò a lungo nello specchio. Felice come un bambino piccino, ringraziò e corse a casa.. Ora sorrideva alla sua Osvalda che parve non accorsi della novità. Lei chiese della dentiera. Lui, sempre sorridente tolse il pacchettino dalla tasca dei pantaloni. -Eccola! L'abbiamo trovata!- disse lui sorridente.
E gli allungò la sua dentiera.
Sorridendo, costantemente, andò in cucina. Da lo stipetto tirò fuori una bottiglia del suo vino preferito, quello che gli amici gli portavano dal paese suo. Non facile fu bere sorridendo.
 
 
 
LE RONDINI
barbara d'Alba doc
Terre del Barolo 2008 13°

Mantello di velluto di cupa seta. Brilla e riluce, canta madrigali.
Di prugna, di canto di vigna. Di caldo, quasi afrore.
Tannico, tostato, cretoso. Alla fina una marasca ci sorride.
 

Si era inoltrato nel bosco che ancora le ombre erano nette e scure. La luce stava calando rapidamente e  l'oscurità incombente disegnava una cupa ragnatela di rami frondosi e tronchi diritti. Grande prova di coraggio, gli avevano detto, attraversare da soli un bosco di notte. Solo non come in questo girovagare, lo accompagnava il suo ardimento. E la paura. Attento al terreno. Una compagna, una borraccia con il suo vino preferito.   Ora non era facile niente. Tutto era tenebra, incerti i passi. Fermo. Attento ai rumori, gli occhi spalancati.
 Sentiva delle presenze attorno, vicine, accanto. Un rumore: il battito del suo cuore. Ancora qualche passo, sempre più incerto, lento, pesante. Le mani protese, in avanti, di lato. Aveva freddo e stava sudando. Una perfetta solitudine nel vivo di una natura certo ostica. Ascolta. Ora cerca dentro se stesso. Ancora qualche passo. E ancora. Solo. Calma, calma e pace. Cerca dentro di sé, nel suo cuore. Pensa ai suoi sentimenti ed alle sensazioni che lo sorprendono. Il tumulto dei sensi si placa. Nulla è definitivo, si dice. Come in questo girovagare cieco, tutto è mutevole. Cambiano i nostri ricordi e le nostre speranze, così come è cambiata la luce in questo conosciuto, amato, bosco. Già da ragazzo si divertiva a perdersi tra questa fitta vegetazione, solo quando la luce ne svelava il fascino e la magia. Ricordi custoditi nel cuore. A tentoni si siede. Tranquillo apre la borraccia. Un sorso di no. Un brindisi al ritorno!
 
 
 
CORTE FEDERICO

Chardonnay, 13°
Giallino, trasparentino, limpidino.
Limonino, agrumini, fiorini di acacine.
Amarognolino, pietrina focaina, solino agostino.
 

Lei e Ginevra erano arrivate con grande ritardo, il solito traffico del sabato sera. La serata era splendida, l'orchestra suonava che sembrava inferocita, i ballerini fitti come polli d'allevamento, felicità a iosa: l'allegria e la voglia di divertimento le riempiva come oche satolle. Si guardavano attorno, ridenti stelle della notte, occhi splendenti. Allo stand gastronomico avevano mangiato, meglio, divorato salsicce e patatine, e bevuto quel giusto. Ora dovevano smaltire. Come d'incanto i loro occhi si incontrarono. Si spalancarono. Subito furono in pista e presero a vorticare. Lui si fermò un momento a prendere fiato.   Le indicò il suo amico, Pasquale, un signore marron, riccioluto, seduto su una panca.

Lei capì al volo: corse dalla Ginevra, la strappò al balordo che la stava stringendo come una morsa e la consegnò al piccoletto. Tornò dal suo cavaliere, Maurizio! Così bello, così alto, così atletico. Faceva il geometra! Non poteva essere vero. I suoi occhi erano verdi, sorrideva, aveva denti splendenti. Lei lo stringeva, gli accarezzava le spalle, lo annusava e poi lo guardava. Il tempo passava veloce. Ora in pista erano rimasti in pochi. Suonava solo il vecchio con la fisarmonica. Lei non voleva staccarsi da Maurizio, era un sogno bellissimo. Pasquale era seduto al solito posto, solo. La Ginevra, spuntata dal buio, le chiese le chiavi della macchina, era stanchissima ed un po' giù. Subito gliele diede ed anche quelle di casa, solo quelle del suo cuore erano ora riservatissime! Maurizio andò alla tualet. Poteva finalmente sedersi, si sentiva elettrizzata. Aspettò proprio un'ora. Pasquale le si era seduto accanto. Incominciò a preoccuparsi. Cerco il bagno ma non c'era, Girò dappertutto, ansiosa e preoccupata. Di Maurizio non c'erano tracce. Ora era molto in ansia. Ginevra non rispondeva al telefono, non aveva l'auto e neppure la casa. Si sedette accanto a Pasquale. Gli chiese di Maurizio, non lo conosceva, non sapeva chi fosse. Faceva il carabiniere, ma non era di lì. Veniva da un paesino del sud. Era stato in tante caserme... Lei ora piangeva silenziosamente. Aveva chiesto a tutti. Qualcuno lo ricordava con una bionda. Mah! Possibile? Telefonò alla Ginevra. Aveva il telefono spento. La mano le tremava. Lacrima come biglie incominciarono ad uscirle dagli occhi, lente. Si sentiva svenire. Si appoggiò a Pasquale che la sorresse. Continuava a parlare, lei non capiva. La accompagnò alla sua macchina, la fece salire e partirono velocemente. Quanto ci volle! Arrivarono, l'auto si fermò tra una fila di enormi palazzoni. Pasquale parlava sempre. L'aiutò a salire sull'ascensore, aprì la porta, la fece sedere in poltrona. Bum, bum, le biglie continuavano a cadere. Pasquale prese una bottiglia di vino, delle sue parti. Lei bevve avidamente. Tossì. Dopo tre mesi fu celebrato, al paesello, il matrimonio. Lui era in alta uniforme, lei no.
 
 
 
Bottiglia vino VOUVRAY

Domaine de la Gaverie
Gaec de la Pinsonniere 1999, 12°.

Oro ambra, sunshine. Sassi infuocati, pietra focaia, zolfo, sabbia calda, miele.
Marmellata di limoni, neroli, arance amare. Persistenza étérnelle.
 

Le sere passavano tranquille e serene. Lui leggeva il giornale, lei stirava. Lei si occupava del mangiare, lui guardava la televisione. Lui navigava in internet, lei rigovernava. In perfetta armonia e reciproca soddisfazione. Quando decidevano di coricarsi, lo facevano insieme. Prima al bagno, lui si lavava i piedi, lei i denti e così, Poi i pigiami e sotto le coperte. Come sempre lui cominciò un cruciverba, lei a sfogliare un settimanale. Dopo qualche minuto lui chiese: - Adamo ed Eva, prima di mangiare la mela, copulavano?
- Certo che no!-, rispose lei.
- 17 verticale, "la città con la piazza del campo", E' Siena, e quindi il 17 orizzontale, due lettere, è SI!-.
Lei lasciò cadere la rivista, si sollevò sul gomito e lo guardò.
- Stai dicendo che Adamo ed Eva si trastullavano vieppiù?-
-Senza ombra di dubbio!-
Lei stette un po' a pensare, guardandolo.
- E la mela? E il serpente?-
- Non sono necessari nella pratica sessuale!-
-E tu che ne sai? Io qualcosa so...- E ridacchiò. Prima sommessamente. Poi sempre più forte. Lui si tolse gli occhiali e la fissò con attenzione. Adesso lei sembrava ululare. Lui si alzò, ando in cucina, aprì il frigo e prese la bottiglia di Vouvray. La stappò e bevve avidamente. La finì. Tornò in camera. Lei rideva sguaiatamente, senza freni.
Lui crollò sul letto.
 
 
 
Bottiglia vino Donnaurora DONNAURORA

Chardonnay I.G.T.
Tenuta di Vitereta (AR)

Giallo carico, produce riflessi d’arancia se lo scuotete. Lieve ambra, invitante. Annusandolo si sentono profumi di agrumi e di ananas e di miele. Vanigliato dal legno in cui matura. Un piacevole tannino ci accompagna..


Una sera d’inverno con trepida compagna, sfogliate un libro di Conrad, racconti di mare. Ad alta voce qualche rigo, anche qualche sola parola. Calici pieni. Il fuoco del camino ci tiene lontano l’umidità… Al giusto momento gettate il libro tra le fiamme. Allo stupore per il vostro gesto sorridete sornioni. Baciatela, è lei che vi scalderà, ora.
Bottiglia a portata di mano.

 
 
 
Bottiglia di vino Canayli CANAYLI

Vermentino di Gallura Superiore V.Q.P.R.D. 13°
Cantina di Gallura (OT)

E’ di un giallo paglierino, con ampi riflessi smeraldini. Brillante. Ha il profumo di pesca e di sale, di acqua del mare un poco mossa. Bevendolo si approva l’amarognolo che vi resta imprigionato nel palato.



... Compratelo in enoteca. Intascatelo e prendete il treno per la città più vicino. O più lontano. Al primo senza fissa dimora che trovate, fategliene regalo. Gli ricorderà il mare. E sabbie lontane calpestate. Dimenticherà il frastuono e l’incuria che lo circonda.


Ha un ingegnoso sistema di tappatura che non richiede l’uso del cavatappi per poterlo bere
 
 
 
Bottiglie di vino Chateau ramage la Batisse CHATEAU RAMAGE LA BATISSE
HAUT-MEDOC

Appellation Haut-Medoc Controlee
Annata 2000 12,5°
Viola carico, corona seducentemente chiara, limpido.  More, rosa canina, lamponi, corteccia muschiosa, ferro limato. Persistente e tannico, sorseggiare a più riprese.

Annata 2001 12,5°
Inchiostro rubro scuro, corona in compagnia. Brillantino. Marmellata di mele cotogne, marmellata di more, terra di bosco mossa. Morbido, austero con brio. Notte d’agosto in montagna, Dolomiti Carniche.

(… ) Inestricato e difficile
Un varco per oggi
Domando con umiltà
Nell’attraversare la foresta
Il tempo mi scorre sempre
Come vento mi ha attraversato
Tra due aperte porte (…)

 
 
 
Bottiglia di vino Grechetto di Todi GRECHETTO DI TODI

2008 13° Dgn
FRANCO TODINI

Giallo paglierino dorato. Profuma d’acacia, pesca, confettura di albicocche, fruttato.
Profumi complessi, freschezza evidente, buona struttura.
Il profumo è di mandorle, fresco, persistente, fresco.



La casa, isolata sopra un colle, è bellissima. Oltre che del buon gusto del proprietario ne esaltal’ampia disponibilità finanziaria. La vista è imponente, eccessiva. Si vede Spoleto, Massa Martana, da un lato. Davanti Orvieto ed il lago di Corbara. Il cielo è terso, qualche refolo di vento, piacevole. Sotto il loggiato un signore, vestito di bianco, un panama bianco, sorseggia con calma un bicchiere di vino bianco. Davanti a lui una caraffa ed un calice vuoto. E’ pensieroso. Si riempie nuovamente il bicchiere e lo manda giù con fretta  improvvisa.  Dal boschetto spunta un giovane con il fucile a tracolla, serenamente si avvicina al tavolo. Il signore gli indica il bicchiere. Quello tentenna il capo. Imbraccia il fucile e con calma spara. Il bianco diventa rosso, cadendo sente l’odore del sangue ed in bocca il sapore mistico del vino. Il giovane beve dalla caraffa, avidamente. Buono, pensa. Si allontana senza fretta.
 
 
 
Bottiglia di grappa artigianale 2008 GRAPPA 2008 40°

Di vinacce di Sangiovese
Fattoria di Santa Teresa
Prodotta artigianalmente da Mastro Fosi
Terranuova Bracciolini (AR)


Colore cristallo puro, brillante.
Alcolica, morbida, profumata di chicchi d’uva.



Al caldo meriggio, lungo il Sile, tra rami penduli che sfiorano le acque lente e silenziose e placide. Fa caldo, la pace, insieme, incombe. Sferzate di sole forano l’ombra. Su di un seggiolino, un pescatore seduto. La lenza nell’acqua segue, pigra, la corrente. Ai suoi piedi un cesto di vimini, diversi pesci. Mi fermo. La quiete è immensa e ci immobilizza. Freme la lenza e scuote il pescatore. Un colpetto deciso e guizza l’argento del pesce. Si volta a guardarmi e mi sorride sornione.
Toglie l’amo, ripone nel cesto l’agitato pesce.
Con cura prepara una nuova esca. Prima di lanciarla l’intinge in un bicchiere, con pazienza. Ridacchia. Mi avvicino per guardare nel bicchiere: acqua. Mi chiede se ne voglio un po’. Indietreggio. Mi porge un altro bicchiere, pulito. Lo riempie con la borraccia e me lo tende. Annuso. Stupore! E’ grappa. Accosto il bicchiere alle labbra e me le bagno. L’ora non è giusta. E’ forte, morbida, profumata..
Come il pesce, sono preso all’amo..
 
 
 
NEMEA

Agiorgitiko
12,5° 2008
Griechisches erzeugnis

Colore rosso rubino, unghia ha riflessi d’arancia. Limpido, brillante
Fragoline, frutti di boschetto, sfumature ammandorlate, morbido, alcool.
 

Camminando lungo l’erto sentiero con l’affanno costante, decido di riposarmi. Mi siedo su un roccione aguzzo, per niente comodo. Respiro come un mantice, respiro profondo ma non sento l’aria entrare. Mi accorgo di una figura distesa sull’erba. Mi prende un colpo e mi alzo. La figura si muove. Alza una mano. “tranquillo, non sei solo”. Apre gli occhi e guarda il cielo. Anch’io guardo il cielo. Blù come solo d’estate in montagna.
E nuvole, tonde e bislacche. “Questo pezzo di cielo, mi appartiene. Io l’ho già veduto.
Ho vissuto.” Guardo in su. Penso che ha ragione. Accanto una bottiglia di vino rosso.
Mi ricorda un viaggio …

 
 
 
BONERA

Mandrarossa
IGT Sicilia 2001 13,5°
Nero d’Avola e Cabernet Sauvignon

Rosso rubino carico, riflessi vermiglioni. Brillante e limpido
Sa di mora e ciliegie. Sa di sigaro e di asfalto, tannico quel giusto.



Sai, disse, poche sono le cose che contano. Mille e mille quelle che attorno ci circondano. E ci soffocano. Quando uno spiraglio si apre, veloci ne usciamo. Ci guardiamo attorno e come leprotti corriamo … Fermati. Rifletti. Ascoltati …
con tranquillità tacque. Finì di sorseggiare il vino e mi sorrise.
 
 
 
TENUTA IL POGGIONE
S.ANGELO IN COLLE

Brunello di Montalcino DOCG
1981 12.5°

Colore rosso rubino tendente all’aranciato, corona viola tenue. Opaco, opulente, stravaccato. Confettura di prugne, viola mammola, melette fermentate, fieno bagnato. Petrolaceo, gallerioso.
Tannico, persistente.



"Pioveva già da tre giorni .Ininterrottamente Uscito di casa ben coperto, arrivò al lavoro completamente fradicio. Giornata infernale! Dopo un paio di ore lo chiamarono al telefono. Grane in vista! Pensò. Nessuno gli telefonava mai. Era la Direzione: qualcosa non andava nel suo cartellino. Troppe ore in più. Ritorna al suo posto. Prova a telefonare alla sua amica, le dita incrociate.
Quando sta per chiudere, risponde. E’ evasiva, stanca, scocciata. Un saluto da vecchi conoscenti. Accidenti a me, pensa.  Esce, si mette una sigaretta in bocca: la pioggia gliela bagna. Arriva a casa, bagnato fino alle ossa. Il riscaldamento non va e non c’è la luce. Fortuna che è lunedì, pensa. Accende una candela. Si spoglia, si mette in pigiama con una coperta addosso. E’ in piedi in mezzo alla stanza. Dolori artrosici diffusi lo cullano. La mente vaga in un assoluto nulla. Qualcosa inizia a funzionare nonostante la paralisi. Quella bottiglia! In cucina, tra stoviglie e pentolame, freneticamente la cerca. E la trova. La conserva da chissà quanto. Beh, questa è una serata speciale! L’appoggia sul tavolo. Legge a malapena “Brunello”. Cerca il cavatappi con l’ausilio della candela. Finalmente si siede. Prende un bicchiere, lo riempie e lo tracanna. Poco dopo l’ha scolata. Sta meglio, molto meglio."
 
 
 
SPUMANTE CONTE VIOLA
DOLCE DOLCE
Gran Dessert 10°

Giallino chiaro. Privo di effervescenza.
Dolcino, un po’ amaro.



"Non c’era musica di sottofondo. Ma di soprafondo sì. Su di un tavolinetto al centro un alberino di natale di plastica. Oggi è previsto un menù straordinario. Sedanini con la pommarola, ripassati al forno, fettine di arista e piselli e fetta di panettone. Rapidamente ingoia col cucchiaio la pasta al forno, il grosso bavagliolo gli porge un generoso aiuto. E’ già sazio ma non vuol lasciare niente. L’arista si arpiona facile facile.
I piccoli piselli, maledetti anarchici, non ne vogliono sapere di finire nel buco nero della sua bocca.
Apre e chiude rapidamente la bocca per aiutare la sua caccia.
Sempre, silenzioso e solerte, l’aiuto del tovagliolo. Ah, ha quasi finito, ecco il momento che aspettava …
La Direttrice chiede la doverosa attenzione. Parla dell’anno nuovo, chissà chi ci sarà. Toglie la gabbietta, gira e rigira la bottiglia, chiede aiuto. Un giovine, ben contento di allontanarsi per un momento, offre il suo aiuto.
Toglie il tappo, cade sul tavolo. Riempiono i bicchieri di carta. Gline arriva uno. Lo prende saldo e lo trangugia.
Parte entra nel colletto del pigiama. Ora sì che è festa! "
 
 
 
SASSELLA

Valtellina Superiore
Nino Negri - 2006 13°

Rosso rubino con riflessi d’arancia ed ombre cupe. Limpido, sensuale, elegante. Odora di stoffa srotolata in un negozio. Di more e di ciclamini, testè sbocciati e di lamponi,
pigri. Sapido, ricco e generoso, odora di tramonto soffice in montagna
 

Giornata splendida! Raramente ne capitavano di così in questa stagione, non c’era una nuvola, l’aria tersa, frizzante. Già si vedeva sventolare lenta la bandiera del rifugio: ancora qualche ripido tornante e saremmo arrivati. I bambini correvano avanti, le loro gambe improvvisamente avevano riacquistato vigore, le nostre no.
Era stata dura, tutta sotto il sole e tutta quella salita che mai si addolciva. 
Ben distanziati, il buon Lino e la moglie.

Avevano tanto insistito per accompagnarci e poi arrancavano come due impiegati del catasto. Arrivato al rifugio mi affrettai a fotografare i due ritardatari, per le serate invernali … Lino era stravolto dalla fatica.
Tutto sudato, la canottiera fradicia e le spalle bruciate, c’era poco da ridere. Ci sedemmo su di un pancaccio bene esposto: il più era fatto! Un finto montanaro si avvicinò al nostro tavolone.
Gino si rianimò, sembrava fresco di elettroshoch. I bambini vollero gli spaghetti al sugo, mia moglie la minestra alle erbette di montagna, (Sai, bisogna reintegrare i sali perduti …) mentre io ed i coniugi optammo per la polenta taragna con il brasato. E caraffone di vino locale. Lino conosceva, ahimè, il nome di tutte le montagne,
Me le indicò, una ad una. Me ne fece ripetere l’elenco. Poi in ordine inverso, non era facile. Non mi erano familiari, ero stanco ed affamato. Arrivò il pranzo e su di noi calò un silenzio di attesa fremente. Le forchette partirono a razzo. Io lentamente mi preparai un boccone di polenta con un pezzetto di carne, un po’ di sugo.
Perfetta, pensai. Lino era già a metà piatto, qualche macchiolina rosseggiava la triste canottiera. Aveva già finito la polenta. Ne richiese ancora, eh, per finire dignitosamente il brasato. Il vino era aspro ma leggerino, quello che ci vuole. Lino richiamò il signor Montanaro. Aveva finito la polenta, gliela riportarono. Noi ci alzammo per perlustrare i dintorni. Al nostro ritorno, Lino, stava richiamando: aveva finito il brasato.
Guardammo il cameriere: ridacchiava, ma un lampo assassino, ne sono certo, lo vidi. In spalla gli zaini!
Ordinai. I bambini già correvano sul sentiero. Ormai restato solo, Lino, ci guardò allegro. Noi ci avviamo, tra poco farà buio, gli dissi. Sorrise. Mi avviai. Sentii chiedere dell’altra polenta, gli rimaneva del brasato …
 
 
 
MORELLINO DI SCANSANO dog

Podere Aia della Macina - 2000, 13°

Nero inchiostro con lame di fuoco. Limpido, rifulgente.
Sa di pepe, amarena, peperone.
Profuma di legno bruciato (faggio), ciliegie e terra soffice. Tannico, assai persistente.
 

Diede la solita scampanellata energica. La porta si aprì subito: Gino era bello è pronto, con il suo solito saccone di immondizia. “Allora, andiamo?”. Prese le chiavi e uscì. Scesero per il vialetto in leggera pendenza, dirigendosi verso il bidone dei rifiuti. Gino incominciò a caracollare, a pendere in avanti. Aumentò l’andatura, accelerò il passo.
Sembrava cadere da un momento all’altro ed invece andava sempre più veloce. Correva! L’altro, immobilizzato, guardava con stupore ed attenzione. Inciampò, Gino, cadde veloce in avanti, scivolò rapidamente e si schiantò sul pilastro di cemento.
 Incredibile! Pensò, che fragile! Con un sordo rumore il cranio di Gino si era aperto in due, con perfetta simmetria. Il saccone nero era volato ed era rimasto infilzato sulla cancellata. Incominciò ad uscirne il contenuto.
Un oggetto attirò la sua attenzione: una bottiglia di Morellino, proprio uguale a quella che aveva bevuto lui! Doveva correre dagli amici che li stavano aspettando al bar per la partita: che notizia!
 
 
 
SAGRANTINO di  MONTEFALCO  rosso

ARNALDO CAPRAI
1997           12,5°

Cupo nero notturno, con riflessi da coccio cotto assai. Fragole appassionate, anima scura in cantine, sale vorticante. Partecipiamo all'inno. Mura ciclopiche di Spoleto.
 

Parcheggio all'inizio del vialetto, preferisco arrivarci a piedi. L'aria profuma del vicino boschetto e di cipressi. Nel cielo azzurro grosse nuvole bianche si spostano in cerca di una meta. Mi sento bene.
Una volta ogni mese vengo quassù, spazio famigliare e confortevole. Due auto parcheggiate in fila accanto al muro, all'interno dell'ultima due persone. Contrariato, penso a quell'intrusione, a quella profanazione. Spingo il cancelletto del cimitero e subito chiudo. Il mio amico ha proprio una bella lapide, la foto lo ritrae sorridente e tranquillo. Lo saluto e mi fermo accanto al tumulo. Che tipo!
 Era un poco magico: quando avevo bisogno, lui lo sapeva, me lo trovavo accanto, mi aiutava. Penso a lui, a noi, a me. Sento parlare forte dietro al muro, non disturba. Torno al cancello, lo richiudo piano e mi incammino. Alle mie spalle arriva una macchina, guida la ragazza. Quando mi è accanto rallenta, sporge il capo. Mi guarda e mi sorride. Colpevole e allegra. Dolce e solidale. Bella.
Arriva l'altra macchina, un ragazzo sporge la testa per guardarsi nello specchietto, sbanda. Arrivo alla mia auto, mi cambio le scarpe e prendo il tascapane e salgo nel bosco. Arrivato al mio sasso preferito mi siedo soddisfatto, la vita mi aveva sorriso. Tirai fuori la bottiglia e me ne versai mezzo bicchiere. Il vino amato da Aldo. Annuso con attenzione e lo sorseggio: ottimo. Brindo a tutto.
 
 
 
RUSSO PIETRASCA

Vermentino
toscana IGT  -  2004 13°

Alti nembi del color di miele di acacia, albeggiar su spiaggia, petali di rosa gialla. Sassi caldi, caramello, trucioli di faggio, pane caldo, resina di pino, volo di Icaro.
 

Era seduto immobile, ormai stanco e provato. La luce nello scriptorium del monastero era già diminuita. Il duro legno della seggiola rustica gli aveva martoriato il sedere e non sentiva più le gambe. Sentiva invece la fame e la stanchezza. Aveva riempito un quaderno di appunti ed era felice. Ora sapeva tutto della missione cristiana che nella prima metà del quarto secolo fu spedita da sant'Atanasio in India ad evangelizzare quei popoli lontani. Ne facevano parte: Meropio, Frumenzio e Fidesio. Pubblicazione assicurata! Seduto in fronte a lui, Padre Ignazio,
sorrideva sornione..
Era stato viaggiatore instancabile, studioso insaziabile.
Narratore eccezionale e dalla memoria prodigiosa. L'anziano abate si alzò agilmente dal suo scranno e andò alla porta, l'aprì e gridò qualche parola.  Il professorino si stava appisolando, il vecchio sempre sorridente.
Si udirono dei passi e dopo poco la porta si aprì. Entrò una suora con un vassoio che appoggiò sul tavolo.
Con una brocca riempì due grossi bicchieri e li mise davanti a loro. Il giovane prese il suo, aspettando.
Il vegliardo osservò con cura il suo, assaggiò. Alzò il capo, guardò la suora e acidamente le disse: "Questo vino è troppo caldo!". La religiosa si irrigidì. Parve dispiaciuta e chinò la testa.
"L'ho preparato con tanto amore..." L'abate sibilò: " Meno amore e più ghiaccio, sorella". Questa restò immobile per un istante infinito. Poi prese la brocca con ambedue le mani. La versò, fino all'ultima goccia, sul capo del priore.
 
 
 
FER

Vendemmia 2008
Prodotto ed imbottigliato nel podere Masini, Loc. Ricasoli. Gr° 12,75.

Nero caldo, al tondo ciclamino primaticcio. Fuoco di vetrata gotica. Fragole umide la notte nel bosco. Eriche svettanti. Frutta, composta di mele e pere, cotognata.
Tannico quel che è giusto, di armonia vestito, appare ieratico e spirituale in tempio barocco.



Era una splendida giornata di metà giugno. L’aria limpida, tersa e tiepida.
Il cielo abbracciava la campagna tutta amorevolmente.
Si guardarono negli occhi e si sorrisero. Avevano da sfoltire la vigna, sarebbe stato un bel lavoro: dovevano cogliere questa giornata che chiedeva di essere ricordata.
Senza dirsi una parola decisero di rendere memorabile quel giorno. Prepararono un cesto, pane, pecorino, salame, una bottiglia di vino, del loro vino. Coperta, tovaglia, piatti e bicchieri. Ridevano allegramente. Il paesaggio riempiva lo sguardo. Orgogliosi e soddisfatti.. Prese le forbici e i cappellacci, tutto nel carrello ..
Lui si mise alla guida del trattore e lei dietro al seggiolino, stretta a lui, in piedi. partono tuonando, lei stringe più forte le mani. Sobbalzano scendendo la stradina poi raggiungono l’asfalto e la corsa si fa veloce, il vento sul viso ricompensa dovuta. Accelera e si volta rapidamente a guardarla. E’ sempre lì, le braccia tese e le gambe ben salde. E’ nuda. No, ha una cintura in vita. Lui ha un tuffo al cuore, è sorpreso. Che idea splendida!   E’ bellissima! Sbanda, corregge la direzione. Si rigira, la guarda sorridendo. Lei ha il viso terrorizzato, gli occhi spalancati, la bocca spalancata, sta urlando. Accosta e tira il freno. Lei è impietrita. Salta giù, gira attorno all’enorme ruota sale sul gancio, spaventato. La afferra e la scuote. Lei è di granito .. Ai suoi piedi ciò che resta dei suoi vestiti è aggrovigliato nella presa di forza: le ha strappato i vestiti d’un colpo.  Lei è una statua, una bella statua..
Lui la tocca, la sfiora, l’accarezza, le stringe le spalle. Lei singhiozza piano. Cerca di rassicurarla, l’abbraccia,
Con le mani le strofina il corpo. F. incomincia a ridere piano, lui è sollevato, il più e passato.
Il borbottio del motore e rassicurante, continua ad accarezzarla, lei ride più forte e cerca di farlo avvicinare ancora di più, alla presa di forza.
 
 
 
BOTTIGLIONE

Nero. Impenetrabile.
Vinoso, acetoso, graspi diraspati, bucce infradiciate.
Aspro, allappante

Torna a casa in anticipo, manca un insegnante. Ha bisogno di riposo. In cucina, sul marmo del tavolo, cerchi scuri, tanti. Al centro troneggia un bottiglione vuoto.
Sente un brivido nella schiena. Di corsa esce e corre al piano di sopra, fa gli scalini a tre alla volta, si infila nel ripostiglio, striscia sotto l'armadio. Singhiozza piano. La paura lo paralizza. Vorrebbe urlare il suo disperato terrore. Sente dei rumori, la porta che si apre, le sedie spostate. Un passo pesante, strascicato. Sente il suo nome urlato.
La cartella, ha lasciata la cartella sulla sedia. Stringe le mani sul viso. Orrore lo avvolge, gli sembra di essere stritolato. I passi malcerti rimbombano, si avvicinano alla scala.
Urla ancora ed il suo nome è una minaccia certa. Sente lo strepito di quei pesanti passi e la sua rabbia demente.  La mente oscurata si squarcia, l'angoscia lo getta fuori dal nascondiglio.  Si alza. Forse, forse qualcosa può fare.
  Intravede quella orribile sagoma quasi in cima alla scala. Balzargli davanti, così, all'improvviso urlando più forte, più forte! Ecco cosa dovrebbe fare... Dai, urla più forte di lui, dai! Sente un brivido nella schiena.
Di corsa esce e corre al piano di sopra, fa gli scalini a tre alla volta, si infila nel ripostiglio, striscia sotto l'armadio. Singhiozza piano. La paura lo paralizza. Vorrebbe urlare il suo disperato terrore. Sente dei rumori, la porta che si apre, le sedie spostate. Un passo pesante, strascicato. Sente il suo nome urlato. La cartella, ha lasciata la cartella sulla sedia. Stringe le mani sul viso. Orrore lo avvolge, gli sembra di essere stritolato. I passi malcerti rimbombano, si avvicinano alla scala. Urla ancora ed il suo nome è una minaccia certa. Sente lo strepito di quei pesanti passi e la sua rabbia demente. La mente oscurata si squarcia, l'angoscia lo getta fuori dal nascondiglio.
Si alza. Forse, forse qualcosa può fare. Intravede quella orribile sagoma quasi in cima alla scala.
Balzargli davanti, così, all'improvviso urlando più forte, più forte! Ecco cosa dovrebbe fare...
Dai, urla più forte di lui, dai!
 
 
 
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